Il piano di Trump era solo fantasia. La posizione dei Palestinesi è complessa ed articolata e Trump sembra averla accettata

Il piano di Trump era solo fantasia. La posizione dei Palestinesi è complessa ed articolata e Trump sembra averla accettata

Per capire come le trattative sono iniziate basta raccontare una storia: i mediatori egiziani, dopo averla ricevuta, hanno chiesto ai palestinesi ed agli israeliani se avessero capito le mappe che avevano ricevuto. Entrambi hanno riposto che non avevano capito niente, che quelle mappe non erano una cosa seria ed erano solo scarabocchi tracciati da un “fantino di cammelli”, una persona che non aveva mai visto una mappa in vita sua e non sapeva come trattarle. Insomma, non valevano niente. Questo è il livello con cui tutto è iniziato: scarabocchi disegnati sulle mappe sotto dettatura di Netanyahu.

I palestinesi, come sempre hanno fatto, sono però andati a negoziare, dichiarando di condividere “solo i titoli” di quel disastro che era chiamato “Piano di Trump”. Sembra però che il presidente USA (che ora sappiamo essere interessato solo al Nobel per la Pace)

abbia compreso che per arrivare davvero ad un accordo bisognava smetterla di sperare che Israele possa vincere questa guerra. Cioè smettere di pensare che gli Stati Uniti possano vincerla perché solo gli USA tengono in piedi la guerra in Palestina. E se non sono stati in grado di vincerla in due anni, usando tutto quello che avevano tranne le armi nucleari, non la vinceranno mai.

La posizione dei palestinesi è invece molto più articolata. Hamas ha sempre dichiarato che nei “titoli” del Piano ci sono tre tipi di contenuti:

  • elementi su cui poteva decidere Hamas, come il suo disarmo o l’esilio dei suoi leader;
  • elementi relativi a Gaza su cui Hamas non intendeva decidere da sola perché “Gaza non è di Hamas” e su cui quindi avrebbe dovuto decidere insieme con le altre fazioni che pure le hanno dato mandato per trattare;
  • elementi su cui solo l’intero palestinese poteva decidere, come l’assetto del futuro stato di Palestina, e su cui non aveva mandato per prendere accordi senza consultazioni popolari.

Le richieste della delegazione palestinese a Trump, che gestisce le trattative per Netanyahu e gli può quindi imporre la sua visione sono queste e riflettono le richieste palestinesi dall’8 Ottobre:

Cessate il fuoco e fine della guerra

I palestinesi sono orientati verso la fine della guerra ma solo se questo comporterà il ritiro completo di Israele da Gaza. I palestinesi vogliono un accordo ma non si arrenderanno mai.

Rifiuto del disarmo

I palestinesi, ed in particolare Hamas, non accettano il disarmo. Le armi della Resistenza possono essere consegnate solo ad un futuro stato palestinese dopo la sua nascita.

Scambio di prigionieri

I palestinesi accettano lo scambio di prigionieri ma pretendono che vengano restituiti anche i nomi importanti che oggi giacciono nelle carceri di Israele. “Queste persone saranno il centro delle priorità delle trattative e questo perché c’è la necessità di una unità dei palestinesi e di solidarietà, oltre che per la loro importanza politica e il loro ruolo di simboli della lotta. Devono essere tra i nomi dei prigionieri che verranno rilasciati. I prigionieri hanno un valore immenso per i palestinesi e quindi è impossibile che [Marwan] Barghouti passi la sua intera vita in prigione, avendo combattuto per il suo popolo mentre altre persone non fanno niente per salvare la sua vita”.

La posizione di Hamas, e delle milizie della Striscia di Gaza, è quindi quella che debbano essere rilasciati figure chiave di tutte le fazioni, oltre a Barghouti. Tra questi esponenti della Jihad Islamica, del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina e ovviamente Hamas stessa. E’ importante capire che questo è il preludio per una riunificazione di tutte le fazioni di cui Barghouti, per esempio, è il teorico. Rumor di oggi affermano che i palestinesi avrebbero chiesto anche la restituzione del corpo di Yahya Sinwar e di suo fratello.

Limite del mandato di Hamas

Marzouk ha chiarito che Hamas non può decidere unilateralmente il futuro della lotta per l’autodeterminazione della Palestina. “Quando i mediatori ci hanno presentato le proposte ho detto chiaramente ai mediatori che su una larga parte di queste richieste Hamas non era autorizzata a trattare. Non possiamo decidere [da soli] il futuro dei palestinesi. Abbiamo definito questa strategia per riunificare tutte le fazioni palestinesi per decidere il futuro di Gaza e questo deve essere discusso da tutti perché Gaza appartiene ai palestinesi, non ad Hamas”

E’ importante che Israele e gli Stati Uniti abbiano presentato alle fazioni di Gaza proposte complessive che ne decidono il futuro e che volevano che Hamas prendesse decisioni per tutta la Palestina. Lo hanno fatto senza dubbio perché riconoscono a Gaza, dopo due anni di resistenza militare senza sconfitta, l’autorità e la forza per decidere per tutta la Palestina, di fatto non rispettando la corrotta ANP di Abbas ridotta ormai ad un covo di collaborazionisti. E’ significativo che i nemici rispettino di più, e conferiscano più autorevolezza e persino più autorità, a coloro che non sono riusciti a sconfiggere sul campo di battaglia. Ma questo non è inaspettato perché da tempo Fatah è ormai secondaria nella lotta dei palestinesi che la considerano poco più che una estensione di Israele. Come del resto prova l’immagine di seguito che mostra le intenzioni di voto sia di Cisgiordania che di Gaza (ultimo rilevamento: Maggio 2025, quindi pochi mesi fa) e che mostra come Hamas vincerebbe largamente anche le elezioni in Cisgiordania, dove non esiste:

Futuro di Hamas

Marzouk ha confermato che è sciocco pensare di imporre ad Hamas un futuro. Il movimento non è più una piccola organizzazione che si può dirigere a piacimento ma parte integrante della realtà palestinese e un movimento che ha attraversato i confini della Palestina per essere presente in tutto il mondo arabo. Hamas quindi non accetta di sciogliersi o sparire, come non lo accettano le altre fazioni. Nessuna poi accetta il disarmo, che non è quindi una opzione.

Flessibilità nella realizzazione

I palestinesi poi confermano che esiste una pratica flessibilità nella realizzazione del piano ma che non si tratterà sui punti principali: fine permanente della guerra, il ritiro di Israele da Gaza garantito dai paesi arabi e da Trump e l’ingresso immediato di aiuti senza restrizioni.

Come si vede dalle richieste, non c’è niente di diverso da quanto chiesto a partire dall’8 Ottobre. Per la prima volta i palestinesi hanno rivelato il numero di israeliani che sono ancora a Gaza, tra vivi e morti. Sono 48, di cui circa 20 vivi e 28 che devono essere recuperati e questo potrebbe richiedere settimane anche perché i bombardamenti israeliani hanno alterato la mappa di Gaza.

La novità è quindi che gli Stati Uniti, che sia per il Nobel o meno, ne hanno abbastanza ed hanno imposto la fine della guerra alle condizioni da sempre chieste dai palestinesi.

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