Quelli che la transizione ecologica la fanno davvero, senza farla pagare ai lavoratori

Quelli che la transizione ecologica la fanno davvero, senza farla pagare ai lavoratori

Il Capitalismo occidentale si è riempito la bocca per decenni della discussione ambientale ma da qualche anno la sua è diventata una emergenza. No, non ambientale. La borghesia occidentale ha ormai perso l’accesso a tutte le più importanti fonti di energia fossile che in massima parte sono nelle mani di governi nemici, ostili o difficili da mantenere in riga. La guerra in Ucraina ha mostrato plasticamente questo processo, con l’Occidente che deve correre ai ripari dopo l’inizio della guerra energetica con la Russia. Mosca ha come arma non solo il petrolio e del gas ma ha anche praticamente il monopolio della tecnologia nucleare.

Ma non è solo la Russia considerato che paesi come la Cina (terre rare), Iran (petrolio e gas), Venezuela (petrolio) e molti altri sono sempre più governati dai nemici della borghesia occidentale che, in un modo o nell’altro, deve acquisire quelle risorse per mantenere il suo livello di vita. L’ultimo colpo all’Occidente è stata la scoperta, qualche giorno fa, della seconda riserva mondiale di litio in Iran. Il litio, come si sa, è uno dei componenti fondamentali delle batterie che sono parte della nuova rivoluzione elettrica mondiale. Per il litio la l’Occidente ha cercato il colpo di stato in Bolivia ed ora ha destabilizzato il

Se l’Occidente, come intende fare e come sta facendo, intende muovere guerra – in senso letterale – ai suoi avversari economici per impedire loro di scalzarlo dal dominio del mondo è ovvio che non può dipendere da questi ultimi per le risorse energetiche e per questa ragione sta promuovendo una frenetica riconversione energetica che lo porti in pochi anni a potersi affrancare dai suoi nemici per poterli poi colpire senza temere ritorsioni. Per raggiungere questo obbiettivo la borghesia occidentale non guarda in faccia a nessuno e vuole realizzare questa conversione sulla pelle dei lavoratori, imponendo tempistiche e modalità devastanti come la spinta verso l’auto elettrica senza che vi sia una infrastruttura adeguata e senza che vi sia un impianto normativo che impedisca la speculazione e l’esplosione dei profitti, cosa che configura un vero e proprio trasferimento di ricchezza. A costoro l’ambiente non interessa per nulla: lo hanno devastato quando conveniva loro e lo rifarebbero se le condizioni si ripresentassero. Del resto, l’Europa non è quella che alla luce della guerra con la Russia, ha persino riaperto le centrali a carbone?

Nel frattempo, qualcuno la riconversione energetica per motivi ambientali la sta facendo davvero e la sta facendo a misura di lavoratore, senza imporre assurde tabelle di marcia ma mettendo sul piatto giganteschi investimenti che rendano la riconversione energetica non solo conveniente per l’ambiente ma anche per le persone comuni. Questo paese è la Cina, che sta portando avanti enormi investimenti per la sostenibilità ambientale e lo sta facendo a misura di lavoratore e non contro i lavoratori.

Un esempio è dato dalle autostrade della provincia cinese dello Jiangsu. Nelle stazioni di servizio dell’area di Waxi, robot di ricarica che fanno parte della State Grid, l’organizzazione della rete elettrica statale, sono sempre in giro per ricaricare le auto elettriche. Un automobilista può usare una app per trovarne uno libero e sarà quest’ultimo ad andare dall’automobilista per consentirgli di ricaricare l’auto. Una tecnologia che presto si diffonderà più capillarmente con centinaia, forse migliaia di questi robot che si muoveranno nelle città per andare dagli automobilisti che hanno bisogno di ricaricare le loro autovetture.

Confrontate questa idea, la semplice constatazione che costruire una rete elettrica di colonnine per la ricarica sarà molto complesso e richiederà decenni, con la praticità di avere una stazione di ricarica che viene da te quando ne hai bisogno ed evitare cose come quelle del video che segue, girato negli USA, in cui una persona ricarica il suo enorme veicolo elettrico con un generatore alimentato a benzina che tra l’altro deve portarsi sempre dietro

La Cina sta inoltre facendo massicci investimenti in un’altra tecnologia ecosostenibile e cioè l’idrogeno. Sempre nella provincia dello Jiangsu, nella città di Changzhou, inizierà la produzione di massa di una nuova bicicletta ripiegabile ad idrogeno, destinata a rendere sempre meno inquinante il traffico urbano. Stiamo parlando di produzione di massa, non di qualche decina di prototipi che possono essere affidati a pochi fortunati.

Nell’immagine, il nuovo prototipo di bici ad idrogeno

Come per l’elettrico, anche la riconversione ad idrogeno richiede massicci investimenti infrastrutturali che semplicemente la borghesia occidentale non vuole fare perché non le conviene per rendere immediatamente profittevole l’operazione di riconversione, scaricando i costi dell’adozione delle nuove tecnologie sui lavoratori e sulla collettività in forma di disorganizzazione e speculazione.

Ovviamente chi è interessato a che queste tecnologie rappresentino davvero una svolta nell’uso di soluzioni ecosostenibili, sa benissimo che non deve consentire speculazioni né arricchimenti personali ma deve effettuare massicci investimenti per rendere queste tecnologie convenienti ed i largo utilizzo, in modo che ai lavoratori convenga adottarle prima possibile.

La Cina sta quindi costruendo anche una rete per l’idrogeno. Nell’immagine che segue una delle prime stazioni di servizio metanolo-ad-idrogeno ed idrogeno costruita ed aperta a Dalian, nella provincia del Liaoning. Le stazioni come questa possono produrre 1.000kg di idrogeno puro al 99,999% al giorno e i suoi dispositivi speciali consentono di realizzare una struttura grande solo 64m2 che quindi può ridurre i costi dell’idrogeno di oltre il 20%.

Nell’immagine, la nuova stazione ad idrogeno di Dalian.

Gli investimenti cinesi nelle tecnologie ecosostenibili sono pervasivi ed immensi e portano alla popolazione non solo tecnologie pulite ma anche costi completamente accessibili e spesso ridotti rispetto alle precedenti tecnologie. I tram a Sanya, nella provincia di Hainan, sono completamente elettrici e si ricaricano in soli 30 secondi mentre sono fermi alle diverse stazioni. Nonostante questo, il costo di una corsa, di un biglietto, è di soli 3 renminbi, cioè 41 centesimi di euro.

I cinesi stanno inoltre investendo somme enormi in Ricerca e Sviluppo. Qualche giorno fa in Cina è stata presentata la prima gamma di auto elettriche con batterie basate sugli ioni di sodio e non di litio. Al contrario del litio, molto raro ed inquinante, il sodio è abbondantissimo sulla Terra e il suo impatto ambientale è modesto. Inoltre, usare il sodio consente di abbattere i costi in modo significativo in quanto il costo di questo materiale è un cinquantesimo di quello del litio.

EV powered by sodium ion battery shown in China – Just Auto
t.co

L’introduzione delle batterie agli ioni di sodio consentirà anche di semplificare lo smaltimento, uno dei talloni d’Achille più importanti delle tecnologie attualmente utilizzate.

Gli investimenti cinesi nelle tecnologie ecosostenibili sono quindi immensi e non sono orientati alla speculazione. Accettare il massacro che la borghesia occidentale vuole imporre ai lavoratori per affrancarsi dalla dipendenza energetica dai suoi nemici, scaricandone i costi sulle persone comuni e costruendo dei veri e propri “potentati energetici privati”, è una follia.

Per questa ragione la riconversione energetica gestita dalla borghesia occidentale deve fallire e deve essere contrastata a favore di una riconversione energetica gestita dai lavoratori e progettata sulle loro esigenze. Solo questi ultimi sono in grado di progettare una evoluzione tecnologica che porti all’uso di tecnologie ecosostenibili che siano però progettate per migliorare e semplificare la vita delle persone comuni.

Anche se impopolare, è necessario opporsi alla riconversione energetica gestita dalla borghesia occidentale non perché non vi sia una urgenza di passare a tecnologie più compatibili con l’Ambiente ma proprio perché questo processo non ha nulla a che vedere con l’ambientalismo.

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