Uno studio spiega anche la mortalità di Bergamo o New York. E la causa non è il covid19

Uno studio spiega anche la mortalità di Bergamo o New York. E la causa non è il covid19

Un nuovo studio potrebbe far luce sui casi come quelli di Bergamo e New York nei quali la mortalità attribuita al covid19 non ha avuto eguali in nessuna altra parte del mondo. Situazioni come quella di Bergamo e New York sono state strumentali per “vendere” la psicosi da covid19 ma i dati della mortalità che viene attribuita non ha avuto eguali in nessuna altra parte del mondo ed è stata largamente superiore anche alle stime più allarmistiche. Le foto con le bare che uscivano dagli ospedali di Bergamo le ricordiamo tutti e sono quelle che hanno consentito di approvare le misure più restrittive.

Da subito molti scienziati, quelli veri, hanno dichiarato che quello che era avvenuto lì non poteva essere legato al covid19 o solo al covid19 che da nessuna altra parte aveva raggiunto una mortalità così elevata. A parlarne, quando ancora si poteva discutere in modo razionale e non c’era la psicosi di massa e il pensiero unico dei media, era stata anche Ilaria Capua in Italia, che aveva ipotizzato che si potesse trattare di infezioni legate al contaminazioni batteriche dei condizionatori dell’aria. La dottoressa Capua si è poi, come tanti, allineata al pensiero unico mediatico nelle settimane successive ma molti suoi colleghi hanno sempre trattato questi casi come assolutamente abnormi e non legati al covid19 la cui mortalità non poteva causa tutti quei decessi.

A molti faceva comodo presentare le bare in fila fuori dagli obitori invece che usare un approccio razionale e scientifico perché in quel momento bisognava vendere la psicosi. I casi sono così particolari che la Magistratura sta indagando convinta che sarebbe stata la mancata approvazione della Zona Rossa a causare quei morti. Ovviamente nel mondo anche questo non è mai successo ma sembra che la razionalità non sia di casa quando hai già la risposta alla tua domanda e sei solo concentrato nel trovare una spiegazione che “tenga”.

Un nuovo studio aiuta a far luce su quello che può essere successo non solo a Bergamo ma anche a New York, altro teatro di una mortalità completamente abnorme. Condotto dai ricercatori del Northwestern Memorial Hospital, ha studiato 585 pazienti entrati in Terapia Intensiva nel periodo del covid19 ed ha scoperto che la stragrande maggioranza dei decessi non sono stati causati dal SARS-CoV-2 ma da infezioni secondarie contratte in ospedale ed in particolare da polmoniti indotte dai ventilatori (VAP, Ventilator-associated pneumonia).

Questa polmonite indotta dai ventilatori che erano usati per trattare i pazienti covid19 è stata responsabile della stragrande maggioranza dei decessi in terapia intensiva attribuiti poi al covid19. “I nostri dati indicano che la mortalità del virus [il covid19] è relativamente bassa ma altre cose sono successe durante la permanenza in terapia intensiva come ad esempio l’insorgenza di polmoniti batteriche secondarie”, quindi non legate al covid19.

Il team di ricerca ha scoperto infatti che in molti pazienti non c’era segno della “tempesta di citochine” (detta anche ipercitochinemia) che è una grande infiammazione diffusa a più organi che ne causa il malfunzionamento e che è tipica dei decessi da covid19. Nei pazienti studiati non c’era alcuna evidenza del malfunzionamento generale di molti organi.

Invece per i pazienti covid19 era più probabile contrarre la VAP, la polmonite indotta dai ventilatori meccanici, e questa durava per un periodo di tempo più lungo. Quando la VAP non veniva trattata in modo corretto o il paziente non rispondeva alle cure si verificava il più alto numero di decessi. “I pazienti che vedevano curata la VAP di solito sopravvivevano mentre quelli per i quali la VAP non si risolveva, avevano più probabilità di morire”.

Al massimo, sottolineano i ricercatori, il covid19 prolungava il tempo di permanenza in terapia intensiva e rendeva più probabile di contrarre la VAP ma non era poi il covid19 che portava al decesso ma le cure errate da parte dei sanitari che non affrontavano queste polmoniti in modo corretto.

Come ipotizzato quindi da molti sono state spesso infezioni secondarie contratte negli ospedali a causare il maggior numero di decessi, insieme con l’assurdo protocollo di cura diffuso in molti paesi occidentali e l’uso spregiudicato dei ventilatori artificiali. Curate in modo corretto la stragrande maggioranza di queste persone si sarebbero salvate perché “la mortalità del virus è relativamente bassa”.

Purtroppo, se gli eventi di Bergamo sono stati strumentali per vendere la psicosi covid19 e fare approvare le misure più dure ed anti-democratiche, non riusciremo probabilmente a sapere mai cosa abbia davvero ucciso quelle persone e causato una totale anomalia nella mortalità attribuita al covid19, una malattia dalla mortalità relativamente bassa. Non lo sapremo perché il governo italiano, come se fossimo nel Medio Evo, ha cancellato le tracce bruciando i corpi e quindi rendendo impossibile alcuna analisi.

E’ però sempre più probabile che quella di Bergamo, ed in generale la maggioranza dei decessi covid19, si stia configurando come una strage di stato. Un esercito di invasati, aizzati da un piccolo gruppo di persone che avevano altri interessi ed una agenda anti-democratica, hanno ucciso tante persone. Davvero tante persone.

JCI – Machine learning links unresolving secondary pneumonia to mortality in patients with severe pneumonia, including COVID-19
www.jci.org

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