Tutti sanno che per la fine della guerra in Ucraina è necessario un golpe a Kiev. Nessuno vuole dirlo apertamente.

Tutti sanno che per la fine della guerra in Ucraina è necessario un golpe a Kiev. Nessuno vuole dirlo apertamente.

Si agitano in molti sia a Kiev che nelle capitali europee in previsione dell’ormai imminente incontro tra Putin e Trump in Alaska, il prossimo 15 Agosto. Gli europei, che ormai temono di essere abbandonati al loro destino dalle elite USA, rilasciano dichiarazioni e dettano condizioni come se il loro parere contasse qualcosa e, soprattutto, sussurrano nell’orecchio di Zelensky piani, dichiarazioni, progetti. Un giorno il presidente ucraino nega categoricamente che ci possa essere qualsiasi accordo, l’altro si dimostra possibilista a certe condizioni che arrivano direttamente dai suoi pupari.

Sorvoliamo per adesso sulle ovvietà: ritirarsi è lo sport nazionale per gli Stati Uniti. Non ci sono guerre in cui gli USA non si siano ad un certo punto ritirati abbandonando i loro alleati. Basta chiedere alle tribù siriane di Aleppo che solo qualche mese fa hanno rifiutato di cedere il controllo della provincia ai curdi proprio con questa motivazione: erano alleati degli USA e “gli Stati Uniti tradiscono sempre i loro alleati”.

Il comportamento di Washington non è quindi sorprendente e quando la guerra è diventata chiaramente non più vincibile e persino costosa solo da sostenere, gli Stati Uniti hanno preparato la loro uscita che comunque era prevista sin dall’inizio. Anche al tempo di Biden gli USA hanno agito per mettere l’Europa con le spalle al muro, costringerla a combattere una guerra iniziata a Washington e soprattutto devastare le loro economie, spingendoli – come ciliegina – ad una dipendenza economica da Washington. E’ sempre stato questo l’esito più probabile, forse l’unico possibile.

Oggi l’Europa, terrorizzata, cerca di sussurrare nell’orecchio di Zelensky piani di resistenza, di attacco persino, incuranti che la guerra sia finita già da almeno un anno.

“Signor presidente, Pokrovsk, Mirnograd – Konstantinovka sono circondate, un completo disastro”, ha dichiarato il capo di stato maggiore del reggimento “Azov” Krotevich in un comunicato a Zelensky. Con la conquista di Pokrovsk la Russia supererà l’ultima “possente” linea di difesa tra quelle che erano state preparate dal 2014 in previsione proprio della guerra contro Mosca. Non ce ne sono più. In realtà, non ce ne sono più fino a Lisbona ma questa è un’altra storia.

Tutti sanno che non è possibile una vera pace con Zelensky perché il regime di Kiev è ostaggio dei nazifascisti locali che, riempiti di armi, non accetteranno mai nessun accordo. La loro ideologia, costruita scientemente dall’Occidente, è quella di combattere fino alla morte e così faranno. Zelensky, un povero cristo che prima è stato costretto alla guerra dalla NATO, non durerebbe una settimana se ci fosse un accordo con la Russia, specie in caso di cessione di territori. Il colpo di stato sarebbe immediato in modo da riprendere la guerra quanto prima e per questa ragione negli ultimi giorni il dittatore di Kiev ha provato a sondare il terreno per accordi temporanei, condizioni che lascino aperta la porta per la ripresa della guerra dopo una pausa di riarmo e riorganizzazione. Così Zelensky vorrebbe vendere al suo reich interno ogni accordo.

Per questa ragione negli ultimi giorni ha provato a sondare il terreno per un accordo che prevedesse essenzialmente un cessate il fuoco con il congelamento del fronte, il ritiro dei russi dai territori non ancora pienamente liberati e nessuna condizione specifica per la fornitura di armi. In pratica, una pausa di riarmo e riorganizzazione, esattamente quello che la Russia non accetterà mai.

A Kiev non possono accettare altro. Il giorno in cui lo facessero, non ci sarebbero più e al loro posto ci sarebbe un fantoccio più vicino alle marmaglie nazifasciste, se non proprio un fuhrer. Dall’altra parte l’Europa conosce benissimo questa situazione e sa che un regime nazifascista dichiarato sarebbe ben difficile da finanziare apertamente. E che, nonostante questo, non sarebbe possibile non finanziarlo.

Anche perché l’Europa stessa è sotto il ricatto delle gang nazifasciste che ha creato in Ucraina, gang che minacciano di disperdersi – ben armate – in Europa se saranno costrette a lasciare Kiev. Parliamo di centinaia di migliaia di nazifascisti, super-armati e super-addestrati, che si muoverebbero verso Ovest per riorganizzarsi ed acquartierarsi in Europa Occidentale, seminando lì il terrore e la devastazione e minacciando di supportare, sia con le armi che a livello politico, i movimenti dell’ultradestra europea. Uno scenario da incubo per tutti i paesi dell’Europa occidentale, una situazione che rischia di destabilizzare tutto il continente e che però è più che una semplice minaccia dei banderisti, è una certezza.

L’Europa quindi non può permettersi la fine del conflitto sia dal punto di vista economico – ormai distrutta economicamente e politicamente – sia da quello meramente sociale e per questo motivo continua a dettare improbabili condizioni per il cessate il fuoco e sussurrare all’orecchio di Zelensky un giorno si e l’altro pure.

La situazione per la Russia è quindi insieme semplice e complessa. Zelensky non è invitato al meeting del 15 perché non conta nulla. Secondo molte fonti la Russia chiede agli USA non solo tutta la serie di garanzie che conosciamo ma anche l’impegno solenne ad interrompere il flusso di armi verso Kiev e anche verso la stessa Europa, armi che i paesi europei porterebbero poi a Kiev. Di fatto, chiede l’ufficializzazione della fine della NATO.

Tuttavia qualsiasi accordo raggiunto con gli Stati Uniti, che sicuramente sono il puparo maggiore, sarebbe persino inutile se Zelensky, a cui va imposto, venisse rovesciato dalle gang nazifasciste. Chi garantisce per l’Ucraina se il dittatore di Kiev non controlla i suoi? Quale garanzia possono offrire gli USA su questo? Poche, forse pochissime. Hanno certamente una influenza molto forte su Kiev ma non possono controllare le marmaglie nazifasciste a cui hanno fornito armi in quantità industriali e che potrebbero decidere di continuare comunque la guerra fino a quando non le esaurissero.

E’ ovvio che serve un colpo di stato, anzi considerato che il regime di Kiev è illegittimo, un rovesciamento di quel regime e l’installazione di un governo che, se non proprio filo russo, sia almeno filo-accordo e che debba avere come obbiettivo proprio quella de-nazificazione che Mosca chiede al giorno 1. In mancanza di questa garanzia, qualsiasi accordo sarebbe solo temporaneo e consentirebbe ai paesi europei di riorganizzare le forze ucraine e trasferire loro altre armi o, nell’ipotesi più stupida, di provare a trasferire loro truppe con la scusa della fine della guerra.

A Mosca quindi sembra convenire più continuare la sua avanzata verso – almeno – Kiev, liberare la Capitale e sperare che nel frattempo succeda qualcosa. Il momento è più che propizio, la caduta di Pokvrosk e poi a seguire Kramatorsk chiuderebbero qualsiasi velleità degli ucraini almeno per il Donbass ma in realtà per tutto il paese. Starebbe solo a Mosca decidere dove arrivare, a quel punto, e questo dipenderebbe da quanto gli occidentali ci impiegassero a realizzare che è finita. E’ già finita ora, quindi che è davvero finita.

Può Trump garantire la capitolazione di tutta la NATO e dell’Europa tutta? Difficile. Molto difficile ed è per questo che negli ultimi giorni, dopo l’entusiasmo iniziale, Trump ha iniziato a frenare sulle aspettative per l’incontro. Gli USA non hanno carte negoziali, l’Europa nemmeno.

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