Gli attacchi dell’Entità Temporanea un po’ dovunque abbia spazio di manovra (da Gaza al Libano alla Siria) confermano quello che si è detto per giorni.
Tel Aviv sta cercando di divincolarsi dall’accordo a Gaza provocando qualcuno, chiunque. L’avvio di una nuova campagna militare le consentirebbe di rimettere in discussione, almeno temporaneamente, l’accordo, sospenderlo o prendere tempo.
Da diverse settimane pensa che sia possibile provocare Hezbollah per ottenere una risposta dal movimento libanese che fino ad ora non le ha consentito di usarlo come scusa per il riavvio delle operazioni militari. Anche le operazioni completamente inutili a Gaza servirebbero per cercare di ottenere dalle fazioni di Gaza una risposta che consentirebbe di annullare gli accordi.
L’attacco di oggi a Beirut, che secondo Tel Aviv aveva come obbiettivo, Sayyed Abu Ali Tabatabai, da molti considerato il numero 2 di Hezbollah dopo il Segretario del Partito. Se riuscito, l’assassinio di alte figure di Hezbollah non ha valore militare dato che la milizia libanese ha mostrato di essere sopravvissuta all’assassinio di 3 dei suoi segretari, diversi comandanti militari e molti operativi attraverso l’operazione dei dispositivi mobili esplosi.
Se questo non ha impedito, come non ha fatto, di essere più che operativa e di ricostruire il suo potere militare dopo la campagna che ha terrorizzato Israele, queste operazioni non sortiranno alcun effetto. L’obbiettivo invece è quello di costringere Hezbollah a rispondere agli attacchi ed avviare una nuova campagna che, da un lato consenta di riprendere le operazioni e allontanare qualsiasi possibilità di accordo specialmente su Gaza, dall’altro – cosa che si considera poco – di far ripiombare la società israeliana in uno stato di guerra che giustifichi le enormi difficoltà che il paese vive.
Netanyahu ad i suoi, per sopravvivere loro e far sopravvivere lo stato israeliano, hanno bisogno di militarizzarlo continuamente.
Non sono segnali di forza, come vengono presentati, ma segnali di estrema debolezza e anche di rabbia verso un accordo a Gaza che persino come viene presentato – e non sarà così – li mette nella posizione di dover accettare cose che non avrebbero mai voluto.
La pazienza che viene esercitata da Hezbollah ed a Gaza non è un segno di debolezza ma la consapevolezza che il tempo è dalla parte degli altri, non di Israele.
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