Sin dal 2022 si scrive che la vera bomba fine-di-mondo che la Federazione Russa sta preparando non è una arma nucleare o comunque un’arma fisica ma una bomba culturale. Nel 2022 Vladimir Putin annunciava l’avvio dell’Operazione Militare Speciale con un lungo discorso in cui criticava Lenin e la sua costruzione dell’Ucraina come stato, attraverso la cessione di territori russi. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e, soprattutto, come si è scritto tante volte la leadership russa ha preso una decisione strategica fondamentale: il rapporto con l’Occidente è irreversibilmente danneggiato perché il Capitalismo occidentale non ammette competizione ma solo sudditi.
Una delle leadership più ferocemente anti-comuniste, che ha passato l’ultimo quarto di secolo ad ingraziarsi i capitalisti occidentali, ha preso quindi una decisione strategia importante e cioè quella che il futuro del modello sociale e produttivo della Federazione Russa è il modello cinese, che si richiama esplicitamente al Socialismo marxista (al di là che lo sia davvero o meno, in questo momento). Se ne è parlato tante volte e si rimanda a questi articoli per una analisi dei passaggi che hanno accompagnato l’evoluzione durante questi 3 anni e per esempio sul ruolo della figura di Stalin nella storia attuale russa.
Sin dal 2022, grazie anche al sostegno del Partito Comunista russo, a Mosca si vocifera che la Russia potrebbe rinnegare gli accordi di Belaveža, cioè quelli con cui si sarebbe sciolta l’URSS nel 1991. Nel 2020 Mosca ha fatto anche un altro passaggio strategico e cioè quello di includere nella Costituzione del paese il principio che la Russia sia l’erede giuridico dell’URSS, un passaggio che sembra ovvio e che tutti considerano scontato ma che non era mai stato legalmente inserito nella Costituzione russa. A Gennaio 2020 Putin ha proposto la modifica costituzionale che è stata approvata dal Parlamento, poi ratificata dai circa 85 soggetti federali russi tra Marzo e Giugno 2020 quindi sottoposta a referendum popolare il 1° Luglio 2020 ed entrata in vigore dal 4 Luglio successivo.
L’articolo 67.1 della Costituzione della Federazione Russa recita quindi oggi che “La Federazione Russa è successore legale dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) sul proprio territorio, nonché continuatrice della personalità giuridica dell’URSS in relazione alla partecipazione alle organizzazioni internazionali e ai loro organi, all’adesione ai trattati internazionali, nonché in rapporto a qualsiasi obbligo e bene dell’URSS situati al di fuori del territorio della Federazione Russa, previsto dai trattati internazionali”. Questo passaggio legale prepara dal punto di vista giuridico alcune possibili rivendicazioni, tra cui – appunto – non solo la titolarità di beni ed anche territori ma anche l’esistenza dell’URSS come entità legale.
Ma la bomba la sgancia la settimana scorsa Anton Kobyakov, consigliere del Presidente della Federazione Russa, al 13° Forum Legale Internazionale di San Pietroburgo, nel video che compare di seguito:
di cui si riporta la trascrizione, oltre che i sottotitoli in Inglese:
“L’URSS, dopo tutto, continua ad esistere come entità legale. I costituzionalisti ed esperti di materie legali, inclusi alcuni provenienti dalla Francia e dagli Stati Uniti, lo affermano sin dagli anni ’90. E perché lo affermano? Perché la procedura per la cosiddetta ‘dissoluzione dell’URSS’ è stata violata. Se il Congresso dei Deputati del Popolo, conosciuto anche come il Congresso dei Sovieti, ha creato l’URSS nel 1922, allora l’URSS sarebbe dovuta essere dissolta dallo stesso organismo – il Congresso dei Deputati [del Popolo].
Se la procedura è stata violata allora legalmente l’URSS esiste ancora. Questo affermano i costituzionalisti e gli esperti in materie legali. Anche la firma degli Accordi di Belovezha l’8 Dicembre 1991 è ampiamente discutibile dal punto di vista legale, soprattutto perché è avvenuta subito prima della firma già prevista per il nuovo Trattato dell’Unione. Quegli accordi sono stati poi ratificati dal Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (SFSR), la Repubblica Socialista Ucraina (SSR) e dalla Repubblica Socialista Bielorussa (SSR) ma queste azioni erano al di fuori della loro autorità legale.
Quindi, se l’Unione Sovietica non è mai stata legalmente disciolta allora, dal punto di vista legale, per esempio la crisi ucraina è una questione interna [cioè un problema interno ad uno stato sovrano]. La discussione su questi aspetti è già iniziata grazie al Forum Legale Internazionale di San Pietroburgo.”
Si noti che la Kobyakov non ha detto che la Russia è l’erede naturale dell’URSS ma ha affermato una cosa molto più specifica e cioè che l’URSS non è mai stata dissolta e che quindi esiste ancora. A rinsaldare questa posizione ideologica e politica è stata poi Nina Ostanina, Presidente del Comitato della Duma russa sulla protezione della Famiglia e componente del Comitato Centrale del Partito Comunista russo, che ha affermato di essere d’accordo che la procedura di dissoluzione dell’URSS non fosse valida e che quindi l’URSS esista ancora oggi e che i componenti del Parlamento russo (la Duma appunto) sono pronti a sollevare questo problema proprio nell’assemblea parlamentare.
Se alcuni media occidentali, incluso l’ISW, hanno riportato queste notizie in relazione all’operazione in Ucraina, è chiaro a tutti che questa posizione è più profonda. Come si è riportato più volte, tutta la leadership ha capito, ed accettato, che l’eredità culturale dell’URSS è ciò che può tenere unito il mondo russo. Non solo Putin ma persino un anti-comunista come Dmitrij Medvedev ha di recente parlato del dissolvimento dell’URSS come la causa dei problemi attuali nell’area russa.
Il cambiamento di posizione culturale del resto è più che evidente e, come scritto in passato, prepara un avvicinamento alla Repubblica Popolare Cinese ed al suo modello sociale e produttivo. Chi pensa che queste posizioni servano solo a dare una parvenza legale ad azioni militari sta analizzando superficialmente la situazione. Alla Russia basterebbe rivendicare di essere l’erede giuridico dell’URSS per vantare diritti legali di qualsiasi tipo e non ci sarebbe di certo bisogno di affermare che l’URSS sia ancora attiva per farlo, anche perché Mosca è più che consapevole che nessuna rivendicazione potrebbe avvenire senza altri interventi armati.
La riabilitazione prima e forse addirittura la riattivazione dell’URSS hanno come obbiettivo non solo le rivendicazioni territoriali e giuridiche ma soprattutto un passaggio culturale non solo nella Russia moderna ma anche in tutta l’Europa dell’Est. Non servirebbero altrimenti riavvicinamenti come quello – doloroso sia per Putin che per Medvedev – come quello sulla figura di Stalin, odiata dai due ma popolarissima in Russia ed in tutta l’ex-URSS. Riabiliti Stalin solo se vuoi riabilitare l’URSS e la leadership russa sta compiendo passi specifici in tal senso, come il possibile cambio di nome di Volvograd di cui abbiamo già scritto, ma anche l’installazione di una nuova scultura dedicata al leader sovietico nella metropolitana di Mosca, nella centralissima stazione Taganskaya, mostrata in nel video di seguito:
Questa installazione non è di certo sfuggita agli occidentali che ne hanno subito scritto con paura, come mostra il titolo nell’immagine di seguito:

Non importa in questo momento che Stalin sia quello che ha in realtà destinato la Rivoluzione d’Ottobre al fallimento, anche se molti anni dopo. Lo Stalinismo non tornerà nella forma in cui l’abbiamo visto così come non tornerà il nazifascismo nella stessa identica forma. Potremo discutere dei problemi della figura di Stalin in un secondo momento, capendo in questo invece che non avrebbe senso per la leadership russa fare alcun distinguo soprattutto quando la figura dell’ex-leader dell’URSS è ancora così tanto popolare.
La considerazione importante è oggi che riabilitare la figura di Stalin non ha un senso che possa non trascendere il personaggio specifico e che in realtà si stia discutendo della riabilitazione di una forma di società ed un sistema produttivo alternativo al Capitalismo proprio quando il Capitalismo occidentale è in una sua – probabilmente irreversibile – crisi globale. Anche per questo motivo Putin, dopo il suo discorso del Febbraio 2022, non ha più parlato di Lenin che invece aveva criticato quel giorno. Le due figure non sono separabili a livello mediatico e non importa se molti comunisti rifiuterebbero con sdegno la cosa. Bisogna capire che se oggi la figura di Stalin serve ad iniziare un processo di cambiamento culturale nell’immaginario globale, di far penetrare di nuovo l’idea di un cambiamento di sistema sociale e produttivo e in poche parole – per semplificare in modo drammatico – se la figura di Stalin serve a fare “pubblicità” al Socialismo potremo dire che per una volta nella sua vita avrà fatto una cosa buona.
Se l’ipotesi è giusta Putin si asterrà da ulteriori critiche a Lenin. Pragmatico com’è, non si ha difficoltà a crederlo ma nel frattempo ci pensa il leader del Partito Comunista Zyuganov a chiarire che la figura di Lenin è centrale al pari di quella di Stalin e non certo secondaria né contraria. Sicuramente Stalin ha tradito il leninismo ma ne ha sfruttato i risultati anche per la vittoria dell’URSS durante la II Guerra Mondiale. Come si è detto, però, nella situazione in cui siamo questo discorso è per circoli accademici. Di seguito il video di Zyuganov in cui parla di Lenin:
Cosa può succedere se l’URSS fosse ancora in vigore
Dal punto di vista legale una eventuale rinnegamento degli Accordi di Belovezha metterebbe in discussione lo stato legale di tutto l’Est Europa. Come avevano evidenziato i cinesi, in particolare l’ambasciatore cinese a Parigi, lo status legale dei paesi dell’ex-URSS non è assolutamente consolidato ed è in discussione. Molti si sono formati in base a trattati stipulati con la Russia che in molti casi ha ceduto loro dei territori. I trattati, però, non sono dogmi scritti nella pietra ma sono validi solo fino a quando le loro condizioni sono rispettate da entrambe le parti.
Una ricostituzione dell’URSS, come ha evidenziato Kobyakov, porterebbe la Russia a poter fare come minimo delle rivendicazioni territoriali, specie se venisse disconosciuta la attuale composizione della Russia post-sovietica. Va da sé infatti che se disconosce come non valido il dissolvimento dell’URSS, tutte le decisioni prese dalla Russia post-1991 non sono valide.
Questo esporrebbe, se volessimo arrivare all’estremo, a possibili azioni militari della neo-URSS per recuperare questi territori di fatto smembrando questi paesi.
Ma non è probabile che sia questo l’esito. A Mosca basterebbe di fatto far rivivere una entità politica che solleticherebbe l’immaginario di decine di milioni di persone nell’Europa dell’Est, specie quelle schiacciate dal passaggio al Capitalismo occidentale che li ha impoveriti in modo estremo e che rischia di impoverirli ancora di più oltre che portarli in guerra.
Questo di per sé destabilizzerebbe mezza Europa.
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