La caduta di Israele come simbolo del cambiamento globale: Russia e Cina stringono la tenaglia su Tel Aviv

La caduta di Israele come simbolo del cambiamento globale: Russia e Cina stringono la tenaglia su Tel Aviv

Se c’è una manifestazione più evidente del dominio coloniale dell’Occidente sul resto del mondo questa è Israele, un fortino creato dall’imperialismo occidentale 80 anni fa in mezzo ai suoi nemici e da allora difeso con abusi e prevaricazioni fino ai giorni nostri, nei quali a Tel Aviv viene consentito di violare tutte quelle regole morali e formali che l’Occidente ha affermato per 80 anni di voler difendere prima di qualsiasi altra cosa. Ancora una volta non è un caso: l’Occidente sta solo dicendo a tutti gli altri che è esso stesso a fare le regole e che gli altri devono rispettarle, non importa che siano coerenti con quanto detto in precedenza. E’ il famoso “rules-based World order”, l’Ordine Mondiale basato sulle “regole”.

La caduta di Israele, impensabile fino a qualche mese fa, non è più un tabù ma anche che la Russia tenesse testa da sola all’intera NATO era impensabile fino a 2 anni fa. Eppure, eccoci qua.

Nessuno accordo per il cessate il fuoco

Non c’è alcun accordo tra Israele ed i palestinesi per il cessate il fuoco. Israele continua a cambiare le sue condizioni per cercare di aggirare la posizione dei palestinesi, che è sempre ferrea. Il problema non è il numero degli ostaggi né le loro liste e nemmeno la proporzione tra israeliani da liberare e palestinesi. Il problema è principalmente uno: i palestinesi vogliono negli scambi alcune figure di alto rango. Israele è disposta a trattare la liberazione di alcuni dei prigionieri che vengono definiti come “persone che abbiano compiuto crimini gravi” che nel linguaggio di Tel Aviv significa i prigionieri politici. E’ disposta a liberarne molti ma non è disposta a liberare quelli che i palestinesi vogliono. Tra questi, in particolare, non vuole liberare Marwan Barghouti. Per qualche giorno il governo Netanyahu ha provato a porre come condizione quella che i prigionieri liberati non possano rimanere in Palestina ma debbano essere portati in Qatar. Netto rifiuto dei palestinesi.

Barghouti è il teorico dell’unione di tutte le fazioni palestinesi e già in carcere ha siglato gli accordi con le altre fazioni per creare un governo unitario, che è proprio quello che Israele teme. L’unità delle fazioni palestinesi ha come obbiettivo quello di soppiantare il vecchio collaborazionista occidentale Abbas e la sua Fatah. Barghouti è anche favorevole all’inizio di una nuova Intifada. Israele non vuole liberarlo o vuole che finisca almeno lontano ma su questo i palestinesi non trattano.

Siria: la Russia abbatte i missili israeliani

Dopo aver iniziato a pattugliare il confine tra i due eserciti nel Golan occupato da Israele, Mosca ha iniziato a materializzare una risposta diretta iniziando ad abbattere i missili con cui Tel Aviv attacca la Siria. Non è la prima volta ma in questo caso la Russia ha iniziato ad abbattere la maggior parte dei missili israeliani mentre in precedenza si limitava a fermarne alcuni.

Putin era stato il primo a dichiarare che si doveva procedere alla creazione di uno stato palestinese indipendente, di fatto mettendosi in posizione diametralmente contraria con Israele e i suoi sponsor occidentali. In questa settimana però si sono avute altre importanti prese di posizione come quella di Marija Zacharova, portavoce del Ministero degli Esteri:

Incontrando Amal ed una delegazione di palestinesi a Mosca, la Zacharova si è fatta riprendere mentre dichiarava che “chiunque spari [intenzionalmente] ed uccida bambini innocenti è un nemico della nostra civiltà.”

Parole forti. Definire Israele “nemico della nostra civiltà” davanti ai suoi nemici dichiarati è un messaggio molto chiaro a Tel Aviv, anche se non è un messaggio sorprendente ormai.

Pochi giorni prima, commentando il summit, il Ministro degli Esteri russo Lavrov aveva spiegato il senso dell’invito:

L’invito della Russia ad Hamas, Fatah, la Jihad Islamica, il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP) e il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (DFLP) era stato rivolto con l’obbiettivo di “creare unità [tra le fazioni]”, cioè l’obbiettivo di Barghouti e proprio quello che Netanyhau sta cercando di impedire.

E che l’obbiettivo sia l’unificazione delle fazioni in un governo comune lo conferma il vicepresidente del Politburo di Hamas, Marzouk, che ha confermato come “Il movimento di liberazione Hamas non vede ostacoli insormontabili con le altre fazioni palestinesi, inclusa Fatah, che possano impedire la nascita di un governo palestinese unitario.”

Sembra difficile non capire quale sia l’obbiettivo e sembra difficile che a guidare questo governo possa essere chiunque tranne Barghouti che però si è già espresso per l’inizio di una nuova Intifada. Non potrebbe mai essere un governo collaborazionista.

La posizione della Cina

A tenaglia su Israele si sta chiudendo anche la forbice del lato cinese. Pechino aveva raccolto subito le dichiarazioni di Putin sulla creazione di uno stato palestinese indipendente e da settimane lo ripete come mantra ma di recente il rappresentante della Cina all’udienza della Corte Penale Internazionale aveva assunto una posizione di molto più avanzata:

“Nella loro battaglia per il diritto all’auto-determinazione, l’uso della forza da parte del popolo palestinese per resistere all’oppressione straniera e per completare la formazione di uno stato indipendente è un diritto inalienabile ben codificato nella Legge Internazionale”.

La Cina rompe così il tabù dei paesi che si mantenevano vaghi sul fatto che la lotta armata del popolo palestinese non sia solo giusta ma anche legale e che sia un diritto dei palestinesi. Una posizione molto avanzata che sicuramente mette Pechino e Tel Aviv su una linea di scontro diretto. Israele, che sta completamente perdendo la battaglia mediatica nonostante nessuno difenda una posizione così avanzata, non può certo accettare che paesi non solo la condannino ma che difendano il diritto dei palestinesi alla lotta armata.

Neanche la Russia parla esplicitamente di lotta armata contro Israele ed è difficile non vedere come i due paesi siano sincronizzati nelle loro azioni. I cinesi hanno già fornito ai palestinesi molta attrezzatura tra cui dispositivi elettronici che non possono essere intercettati dagli occidentali. La loro azione è ben visibile e rivendicata, ora, anche con le parole.

Anche i russi operano a livello militare, difendendo la Siria, ma stanno agendo anche per creare quell’unità delle fazioni palestinesi che costituirebbe un grave sconfitta per Israele e che potrebbe far partire una seconda Intifada in un momento in cui Tel Aviv è debolissima.

L’obbiettivo della creazione di uno stato palestinese indipendente è più vicino che mai ma questo non solo ferirebbe ma probabilmente colpirebbe a morte lo stato israeliano. La sua caduta definitiva non è più da considerarsi impossibile.

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