Il silenzio irreale dopo la morte di Prigozhin: l’establishment russo davanti ad una scelta terribile

Il silenzio irreale dopo la morte di Prigozhin: l’establishment russo davanti ad una scelta terribile

Quello che colpisce davvero dell’attentato a al CEO di Wagner, Prigozhin, è il silenzio irreale dell’establishment russo. Normalmente la Russia è molto veloce, questione di ore, ad accertare che cosa sia successo e, se i rappresentanti ufficiali ci mettono un po’ per fare annunci, inizia subito il coro di dichiarazioni da deputati, analisti, personaggi influenti e tutta la corte dell’establishment. E’ irreale invece il silenzio che in queste ore c’è a Mosca e in tutta la Russia. Nessuno vuole parlare, nemmeno per gridare vendetta, nemmeno per fare qualche show televisivo.

Il motivo di questo silenzio è semplice: l’attentato a Prigozhin cambia il volto della guerra. Il messaggio mandato dalla NATO è fortissimo: siamo pronti ad uccidere con attentati i vostri personaggi più influenti, quelli più importanti. Non c’è più nessun limite, nessuna cortesia, nessuna remora. La NATO, sull’orlo di una catastrofe militare, sociale e politica – perché nessun politico sopravviverà (politicamente, si intende) alla sconfitta della NATO – ha rilanciato il messaggio inviato con l’attentato a Daria Dugina di mesi fa. Non possiamo vincere militarmente ma renderemo la Russia un inferno. Siamo pronti a colpire chiunque, persino i personaggi più in vista, forse persino Putin stesso, sfruttando le migliaia di infiltrati che gli occidentali hanno nel paese, soprattutto tra gli oligarchi. E paventano mesi e anni di attentati, di aerei abbattuti, di omicidi politici e non, senza riguardo.

Quasi l’intero direttivo di Wagner è stato ucciso nell’attentato all’aereo di Prigozhin. I russi hanno già un sospetto e cioè Artem Stepanov, che è stato in passato il pilota personale di Prigozhin e il fondatore di MNT Aero, la compagnia che era proprietaria del jet abbattuto. Diversi testimoni, inclusa la hostess che viaggiava con Prigozhin e che si era imbarcata con loro per tornare a S. Pietroburgo (le era stato proposto in alternativa di tornare a casa il giorno successivo), hanno detto che sono state fatte riparazioni all’aereo prima del decollo e Stepanov, subito dopo il decollo, sarebbe partito per la Kamchatka dove poi sarebbe “sparito”. La conferma arriva anche dal fratello di Stepanov che non riuscirebbe a mettersi in contatto con lui da tre giorni. Probabilmente è già fuori dal paese anche se i servizi russi lo cercano ancora in Russia.

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L’establishment russo si rende ben conto di cosa significhi il messaggio arrivato dalla NATO, proprio mentre Wagner si preparava ad aiutare i paesi africani a respingere l’attacco degli occidentali in Niger ed in generale in tutta l’Africa. La NATO chiede un accordo, chiede di non esagerare, di non poter accettare di essere umiliata e – sostanzialmente – distrutta. Prima che succeda e prima di entrare in guerra in modo diretto, scatenerà tutte le sue forze oscure per rendere impossibile la vita dei russi. Attentati, omicidi, attacchi sui civili, è pronta a tutto. Anche alla guerra diretta sebbene sia probabile che cerchi di evitarla fino alla fine, soprattutto perché la perderebbe con tutta evidenza.

I russi sono ora davanti ad un bivio terribile: non piegarsi, andare avanti, con la possibilità di una guerra sotterranea che colpisca i civili, oppure accettare qualche tipo di accordo che la NATO ha già proposto per bocca di Janssen qualche giorno fa. La NATO accetterà di lasciare ai russi i territori che hanno già liberato ma Mosca deve fermarsi lì e, soprattutto, dare a Bruxelles una chance di cantare vittoria, sotto forma dell’ingresso nella NATO di ciò che rimane dell’Ucraina. Questo è l’accordo proposto.

L’establishment russo si rende ben conto che non accettarlo, continuare a perseguire i propri obbiettivi, significa sostanzialmente dover rispondere in modo determinato e devastante, azzerando l’intera leadership ucraina, marciando verso Leopoli e di fatto terminando l’esistenza dello stato Ucraino per come lo conosciamo, rispondendo colpo su colpo agli occidentali – se necessario – anche sul terreno degli attentati, degli omicidi politici e perfino incamminandosi verso una guerra totale. Questo significa che dovrebbe essere pronta a riprendere tutti i paesi baltici ed iniziare una guerra con la Polonia che si appresta a diventare la prossima Ucraina.

Non è una scelta facile per chi pensava ancora fino a qualche settimana fa, e chiedeva a gran voce, un accordo che mettesse fine alla guerra. Significa, per esempio, che la Russia dovrà lanciare probabilmente una mobilitazione generale, prepararsi alla guerra totale ed iniziare a militarizzare la società per prevenire e bloccare attentati ed il terrorismo in generale. L’intera prospettiva generale cambia, la consapevolezza che la NATO sia disposta ad arrivare al limite estremo, perfino alla guerra nucleare come gli ufficiali dell’Alleanza hanno più volte paventato. “Meglio la guerra nucleare che la sconfitta”, hanno sempre detto.

Mentre i media occidentali ripetono a pappagallo la disinformazione della NATO, accusando grottescamente Putin di essersi voluto vendicare (qualsiasi sciocco ride di questa teoria), è ormai più che chiaro – come era evidente sin da subito – che l’aereo di Prigozhin sia stato sabotato. I russi stanno riflettendo su quale sia la risposta da dare e come inviarla. Uccidere personale NATO al di fuori dell’Ucraina, dato che al suo interno la cosa è già stata fatta, per rispondere pan per focaccia? O giocare a carte scoperte e procedere tenendo a mente che la NATO ha già ucciso – oltre a Prigozhin – Daria Dugina (che non c’entrava niente) e voleva uccidere Margarita Simonyan, direttrice del canale Russia Today, e che quindi ha già chiarito che continuerà ad usare il terrorismo?

Non è una scelta facile ed è sostanzialmente una scelta che cambierà le sorti del mondo. I russi lo sanno benissimo e non è escluso che in questo momento non stiano contattando anche i loro alleati, dalla Cina all’Iran fino ai paesi arabi e africani, per decidere davvero cosa fare.

La NATO conosce un solo linguaggio, quello della forza, e questo è chiaro a tutti.

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